Ticket Naspi: questi 3 errori banali stanno mettendo tanti nei guai

Quando si parla di ticket NASpI è piuttosto comune che sorgano errori di interpretazione e di calcolo. Ecco alcune utili indicazioni.

Il ticket NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) non è altro che un contributo aziendale di recesso, ovvero un corrispettivo versato dall’azienda o dal datore di lavoro al dipendente dopo il licenziamento. Quando si conclude un rapporto di lavoro, il datore è quindi tenuto a versare il ticket di licenziamento. Ma non sempre e non in automatico.

Novità ticket NASpI
Ticket Naspi: errori da evitare – galleriaborghese.it

Il ticket, in generale, è dovuto solo nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per ragioni non imputabili al lavoratore. Va da sé che nel caso in cui un dipendente si dimette senza giusta causa non sia previsto il diritto alla prestazione.

La misura nasce infatti per tutelare i lavoratori per casi di licenziamento di qualsivoglia natura, ma anche in caso di dimissioni per giusta causa, intervenute durante il periodo tutelato di maternità o rassegnate dal lavoratore in caso di trasferimento d’azienda

Il ticket si calcola in funzione del 41% del massimale mensile di NASpI. Per la precisione, il 41% del massimale mensile per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Va notato che il massimale è un valore adeguato annualmente dall’INPS. Per l’anno corrente, così come reso noto dalla circolare del 29 gennaio 2024 n 25, è pari a 1.550,42 euro.

Il primo errore è dunque riferirsi a una vecchia somma. Senza considerare, appunto, che il corrispettivo del ticket si rivaluta in base anche dei massimali mensili della NASpI. Il ticket va calcolato anche in considerazione di altri elementi. Per esempio la tipologia di attività lavorativa (se è part-time o full-time).

Di conseguenza, il ticket subisce una “rideterminazione” quando l’attività lavorativa è durata meno di un anno, ma si calcola come intera mensilità quella in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni. Attenzione: i mesi di lavoro diversi dal primo e dall’ultimo devono essere considerati mesi interi, e questo indipendentemente dal numero di giornate lavorate.

Errori riguardanti il ticket NASpI: tutti i chiarimenti sulle novità

Altri errori relativi al ticket NASpI sorgono per quanto riguarda il computo dell’anzianità aziendale. L’INPS ha spiegato più volte che non si deve tener conto dei periodi di congedo per maternità e neppure dei periodi di aspettativa non retribuita.

NASpI: gli errori nel calcolo del ticket
Calcolo ticket NASpI – galleriaborghese.it

Ultimo caso: quando il dipendente è stato assunto dal nuovo datore di lavoro, in conseguenza di un’operazione societaria, anche l’anzianità aziendale nel precedente rapporto intercorso con l’azienda cedente si considera come tempo utile.

Uno dei dubbi più comuni deriva dal caso dei licenziamenti collettivi. L’INPS ha reso di recente noto che il ticket è dovuto anche in caso di licenziamenti collettivi. Anche se sono previste specifiche disposizioni normative che dovranno essere rispettate.

Altri errori relativi al ticket NASpI concernono le casistiche in cui il corrispettivo deve o non deve essere versato. Per esempio, come già suggerito, il ticket non è versato solo in caso di licenziamento, ma anche di dimissioni. Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Il ticket non è dovuto quando sussistono le dimissioni di tipo volontario del lavoratore (codice Tipo cessazione “1B”).

Da recenti controlli sulle banche dati INPS sono emersi numerosi errori nel calcolo del ticket NASpI. Parecchie aziende hanno versato importi maggiori di quelli dovuti, e tante altre hanno offerto un importo inferiore. Sul sito dell’INPS sono disponibili tutti i dati per la regolarizzazione dei periodi di paga già scaduti.

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